Che cos’è la cataratta secondaria? 

La cataratta secondaria costituisce la più comune complicanza tardiva di un intervento di cataratta primaria e consiste nell’opacizzazione della capsula che avvolge il cristallino dell’occhio.

cause

Nell’intervento di rimozione della cataratta si esegue generalmente una asportazione denominata extracapsulare; essa comporta la rimozione del cristallino divenuto opaco ad eccezione della sola capsula posteriore o di tutto il sacco capsulare, meno una parte della capsula anteriore. La capsula deve essere infatti lasciata al suo posto poiché occorre come supporto per il cristallino artificiale e perché mantiene separata la porzione posteriore dell’occhio (vitreo e retina) da quella anteriore. Dopo un intervento di cataratta, possono però residuare nel sacco capsulare cellule epiteliali che, proliferando, opacizzano la capsula posteriore causando dapprima una visione offuscata, poi un calo del visus (riduzione dell’acuità visiva) talvolta anche più grave di quello precedente l’intervento. Questo fenomeno di opacizzazione della capsula posteriore del cristallino (o fibrosi capsulare) costituisce la più comune complicanza tardiva di un intervento di cataratta e prende il nome di cataratta secondaria.

La cataratta secondaria tende a manifestarsi a distanza di pochi anni dall’intervento e, oltre a comportare un calo della capacità visiva, può essere causa di abbagliamento e diplopia monoculare. Di solito non costituisce un problema grave, in quanto facilmente eliminabile con la tecnica di rimozione YAG laser (capsulotomia YAG laser), che consiste nella creazione di una apertura nella capsula posteriore del cristallino in modo da ripristinare la nitidezza della visione.

sintomi

I sintomi comprendono:

– visione offuscata
– diminuzione dell’acuità visiva
– abbagliamento
– percezione di mosche volanti nell’occhio (miodesopsia)
– visione doppia (diplopia)


Cataratta primaria e secondaria

Solitamente la cataratta è una conseguenza del processo di invecchiamento dell’occhio (cataratta senile). La cataratta è infatti rara in età giovanile, anche se vi sono casi di cataratta nei bambini, quasi sempre congenita. Oltre all’invecchiamento, altri fattori che concorrono alla perdita della trasparenza del cristallino sono: la presenza di diabete, l’uso prolungato di farmaci come il cortisone, i traumi dell’occhio, l’esposizione a radiazioni o ai raggi ultravioletti, altre malattie a carico dell’occhio, come ad esempio il glaucoma. In tutti questi casi si parla di cataratta primaria.
A distanza di tempo dall’intervento chirurgico, invece, può comparire la cosiddetta cataratta secondaria, cioè l’opacizzazione della capsula posteriore su cui poggia il cristallino artificiale. Il trattamento della cataratta prevede infatti la sostituzione del cristallino opacizzato con una lente artificiale. La capsula (l’involucro del cristallino), che viene mantenuta in sede, può però anch’essa andare incontro a opacizzazione, inducendo difficoltà visive che progressivamente aumentano, col rischio di annullare i vantaggi del precedente intervento chirurgico.
L’opacizzazione della capsula si verifica in circa il 30% dei casi e di solito si manifesta a distanza di qualche mese o qualche anno dall’intervento di cataratta.

Trattamento

L’ intervento laser rappresenta il trattamento di prima scelta. Esso è fortemente indicato in tutti i casi in cui si assiste a una diminuzione della capacità visiva, in presenza di disturbi quali diplopia o abbagliamento e nei casi in cui la presenza della cataratta secondaria impedisce una buona visione della retina rendendo difficoltosa o addirittura impossibile la diagnosi di eventuali patologie retiniche.

Prima di sottoporsi a un intervento di cataratta secondaria è sempre consigliabile effettuare degli accertamenti. Sarà lo specialista stesso a indirizzare il paziente verso una serie di esami oculistici preliminari che possono comprendere:

– visita oculistica completa (comprendente anamnesi, refrazione, visus, esame degli annessi oculari e del segmento anteriore);
– biomicroscopia corneale (esame in lampada a fessura);
– esame del fondo oculare (quando è possibile), altrimenti esami per valutare la funzionalità e posizione della retina come elettroretinografia e ecografia.

Capsulotomia.
In cosa consiste l’intervento chirurgico?

Il trattamento della cataratta secondaria si avvale di una tecnica innovativa che sfrutta la precisione di un laser (laser YAG) per rimuovere l’opacità e ripristinare la trasparenza del cristallino. L’intervento, che prende il nome di capsulotomia, si effettua in ambulatorio in pochi minuti ed è totalmente indolore. Generalmente basta una sola seduta e i tempi di recupero sono rapidi.
Procedura: Il paziente viene invitato a sedersi davanti all’apparecchio laser. Dapprima viene effettuata una anestesia locale in modo da rendere possibile l’applicazione di una lente sull’occhio, utile per focalizzare il raggio laser. Il laser viene poi indirizzato sulla superficie posteriore della capsula opacizzata in modo da provocare una piccolissima incisione, una sorta di apertura che consente di restituire al paziente una visione chiara e nitida.
In caso di mancato intervento la capacità visiva è destinata a diminuire, anche se non in maniera irreversibile, in quanto l’intervento può essere ragionevolmente procrastinato senza comprometterne il risultato.

decorso post-operatorio

Il recupero visivo è rapido e completo e il paziente è in grado di riprendere quasi immediatamente le normali attività quotidiane. Dopo l’intervento è comunque possibile un certo grado di irritazione o di infiammazione oculare, la percezione di mosche volanti (miodesopsia) e una sensibilità accresciuta alla luce.
Le cure consistono nell’instillazione di colliri e nell’eventuale assunzione di farmaci per un periodo che verrà indicato dall’oculista.

rischi

Per quanto perfettamente standardizzata e, nella stragrande maggioranza dei casi, seguita da eccellenti risultati, l’operazione della cataratta secondaria non sfugge alla regola secondo cui non esiste alcun atto sanitario privo di rischi; infatti, le complicanze intra e post-operatorie, pur essendo estremamente rare, sono comunque evenienze possibili. I rischi comprendono:

danni al cristallino artificiale causati dal laser (rari);
spostamento del cristallino artificiale: è raro, ma può rendersi necessario un secondo intervento per riposizionarlo;
edema maculare cistoide: è una patologia che colpisce il centro della retina (la macula), caratterizzata dall’accumulo di liquidi negli spazi cistici presenti nello spessore della retina. Si verifica essenzialmente coma una reazione della macula allo stress chirurgico. L’edema maculare cistoide è molto più frequente nei soggetti diabetici e in particolare in quelli con retinopatia diabetica;
distacco retinico: è un’evenienza rara ma più frequente nelle miopie elevate; può presentarsi anche dopo molti mesi;
aumento della pressione intraoculare: è un fenomeno transitorio ma piuttosto frequente;
endoftalmite: è la complicanza più temuta di ogni chirurgia oculare. È un’infiammazione che coinvolge le strutture interne dell’occhio ed è dovuta al rilascio nel corpo vitreo del microrganismo sequestrato. La somministrazione di colliri antibiotici nel periodo pre e post-operatorio ha comunque dimostrato di ridurre il rischio di infezioni intraoculari, di per sé comunque rare ;
recidiva dell’opacizzazione della capsula: estremamente rara ma può rendere necessario un secondo intervento laser.